Grazie alla campagna di sensibilizzazione promossa dall’architetto Giuseppe Resta e adottata tra le “10 battaglie di Telerama”, l’antico castello di Fulcignano, nella periferia sud-est della città, è stato acquistato dal Comune di Galatone nel 2010. Era stato posto in vendita quattro anni prima dai proprietari, inconsapevoli custodi – neppure tanto accorti – di un raro gioiello di architettura militare medievale, monumento nazionale fin dal 1967. Di origini greche, secondo il De Ferrariis, in realtà la nascita del casale di Fulcignano risalirebbe al VI secolo d.C., tempo in cui colonizzatori bizantini impiantarono un nucleo abitativo lì dove già esistevano antropizzazioni d’età romana. Tale ipotesi è suffragata dai rinvenimenti ceramici dell’archeologo Riccardo Viganò, che all’interno del sito e nell’immediato circondario ha riportato alla luce reperti risalenti a varie epoche, dall’età romana a quella bizantina, passando per il periodo normanno-svevo, fino ad arrivare a quello rinascimentale.
Posto su di una leggera altura rispetto alle zone circostanti, il maniero ha tutte le caratteristiche di un fortilizio esterno ad un chorion bizantino, ma è in età normanna che fu trasformato e ingrandito. Si trova all’esatto crocevia tra quelle che erano la via Salentina ionica (che congiungeva Taranto a Ugento) e la via che da Otranto conduceva allo scalo portuale di Nardò, l’antico Portus Nauna, corrispondente alle attuali Santa Maria al Bagno e Santa Caterina. Che Fulcignano fosse un importante luogo di transito nella penisola salentina lo si comprende dai profondi solchi scavati dalle ruote dei carri su di un tratto viario prospiciente il castello. Come pure il passaggio di viandanti è testimoniato da un’annotazione del vescovo di Nardò Antonio Sanfelice, il quale nella sua visita pastorale del 1719, leggeva e trascriveva il contenuto di un’epigrafe in greco e in latino, nei pressi della chiesa del casale. Nell’iscrizione si ricordava come il protopapa Teodoro avesse costruito un ospizio per i viandanti nell’anno 6657, il 1149 secondo il calendario gregoriano. Numerosi furono i feudatari che ebbero potestà su Fulcignano, dal milite Maurizio Falcone, signore di Fulcignano nel 1192, a tale Aymarus Alemannus, passando per i Gentile in età sveva, per l’ammiraglio Filippo de Toucy in età angioina, e così via di feudatario in feudatario, fino a Gualtieri di Brienne, conte di Lecce e duca di Atene, nel 1352. Il feudatario che segnò i destini di Fulcignano fu però il perfido Ottino de Caris, detto Malacarne, che ricevette il casale da re Ladislao dopo il 1406. Ne sarebbe stato privato nel 1426, quando la regina Giovanna II gli sottrasse ufficialmente il feudo, concedendo l’assenso alla donazione dello stesso nelle mani di Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto. In realtà, a quell’epoca, Fulcignano si era andato sempre più spopolando, giacché molti suoi abitanti avevano preferito la sicurezza della limitrofa terra di Galatone, ben difesa e cinta di mura fin dal 1334, all’insicurezza di un casale aperto.
Per il De Ferrariis l’abbandono del casale sarebbe stato sancito dalla guerra tra Galatone e Fulcignano, con la sconfitta di quest’ultima. E qui inizia la leggenda: nel corso della battaglia finale, i galatei avrebbero crudelmente squartato il figlio del feudatario, gettandone il cadaverino nella voragine sita nella zona, nota appunto come Grotta di Fulcignano. La madre del bimbo, davanti a tanta efferatezza, maledisse gli assassini del figlio e, stringendo un patto col diavolo, pattuì con lui che chi si fosse calato nella caverna con il corpicino di un bimbo ammazzato posto su di un vassoio avrebbe ricevuto in cambio il tesoro del castello, ivi nascosto. Le storie dei vecchi, raccontate in campagna nelle notti d’estate e d’inverno davanti ai focolari, sostenevano che molti galatonesi ci avessero provato invano, recando in dono al demonio sul vassoio non un bimbo ma un agnellino. L’inattendibile Chronicon Neretinum, documento spurio conservato presso l’Archivio Storico della Curia Vescovile di Nardò, riporta l’evento di tale assedio all’anno 1335, quando Fulcignano fu messa a ferro e fuoco dalle soldataglie della vicina Galatone e i suoi abitanti superstiti si riversarono nei villaggi vicini e ne incrementarono la popolazione.
Leggende a parte, oggi del maniero di Fulcignano si può ancora ammirare la cinta muraria. È un possente quadrilatero irregolare, molto ben fortificato, impostato secondo la tipologia castrense romana seppur con gli adattamenti architettonici svevi, di cui il magnifico arco ogivale d’ingresso è il più chiaro esempio. L’accesso è affiancato da due torri angolari, una in corrispondenza dello spigolo nord, l’altra in corrispondenza dello spigolo est, difficile da identificare dall’esterno perché inglobata nell’apparato murario. Le torri appaiono di foggia quadrata all’esterno, mentre all’interno sono cilindriche. In condizioni disastrose si trovano le altre due torri, quelle dello spigolo ovest e quella dello spigolo sud, quasi del tutto crollate. È quest’ultima la costruzione più antica, di forma cilindrica ed edificata in maniera meno raffinata, chiaramente appartenente al nucleo difensivo primigenio, inglobata diversi secoli dopo nella nuova costruzione. Si accede al castello dalla facciata posta a nord-est, attraverso un ingresso voltato a botte, caratterizzato da un antico forno per il pane, posto a sinistra. Da qui ci si addentra in un vano con volta a crociera, con sesto acuto costolonato a sezione trilobata culminante in una chiave di volta a rosetta. Sulla destra di chi entra si aprono due ulteriori ambienti laterali con volta a botte. La cinta muraria insiste su di un’area di 8800 mq, racchiudendo una superficie di 2930 mq, 2100 scoperti e 220 coperti. Lungo il perimetro interno si scorgono numerose buche pontaie, che lasciano intendere come le strutture del maniero fossero realizzate prevalentemente in legno.
Ciò che è più importante, la struttura del castello di Fulcignano, dato l’abbandono del casale in epoca premoderna, è rimasta quasi del tutto immutata fino ad oggi, senza superfetazioni architettoniche e modifiche sostanziali. Per questo, come più volte affermato dal prof. Paul Arthur dell’Università del Salento, il sito “congelato” di Fulcignano è un «“archetipo” di riferimento per ogni ricostruzione storica dell’evoluzione del modello».
Testi: Francesco Danieli